Di seguito ed allegato in formato PDF l’intervento integrale del Presidente del FISU Giorgio Pighi, tenuto in occasione dell’Assemblea Generale dell’Associazione il 9 novembre 2010 a Bari.
Contrasto alla criminalità organizzata e politiche di sicurezza urbana nell’esercizio delle funzioni proprie dei Comuni
di Giorgio Pighi, Sindaco di Modena e Presidente del F.I.S.U.
SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive 2. Il carattere eterogeneo dei fenomeni di criminalità organizzata 3. Il ruolo del governo locale nel contrasto al crimine organizzato 4. Insicurezza e criminalità organizzata nelle loro differenze e sovrapposizioni 5. Il contrasto alla criminalità organizzata che determina insicurezza urbana 6. Le terre confiscate e sottratte alla mafia
- Considerazioni introduttive Il convegno odierno assume particolare importanza nel quadro delle due giornate di lavoro del FISU e rimarca il senso di una nuova iniziativa proprio in una città del Sud. A Lamezia Terme abbiamo tenuto la precedente assemblea ed il “ritorno” a Bari vuole dare rilievo ad un nostro obiettivo più ambizioso.
Il Forum italiano per la sicurezza urbana è nato e si è sviluppato prevalentemente al Nord e nel Centro del Paese. La maggior parte delle città aderenti si trovano in quell’area. Abbiamo ritenuto che questo sia un limite della nostra associazione ed abbiamo agito di conseguenza. Il convegno assume specifica rilevanza in tale quadro in quanto rappresenta la prima iniziativa nazionale in collaborazione con Avviso Pubblico, l’associazione di enti locali per la diffusione dei valori e della cultura della legalità che oggi è qui rappresentata dal presidente e da altri amministratori. L’accordo di collaborazione sottoscritto a Certaldo nello scorso maggio dà avvio, con queste due giornate, alla fase operativa che continuerà nei prossimi anni come scelta strategica del FISU. In base al protocollo le nuove forme di criminalità organizzata saranno inserite d’ora in avanti tra i nostri temi “centrali”, ritenendo “la questione dell’infiltrazione mafiosa nell’economia reale come fenomeno da presidiare, tenendo presenti le peculiarità e gli spazi d’intervento specifici del sistema”.
Il fondamento di questa prospettiva è ben riassunto nella scelta di approfondire il ruolo dei governi locali di fronte a due problemi, il crimine organizzato e mafioso e la sicurezza urbana che mostrano in modo incalzante l’esigenza di un approccio congiunto. Le testimonianze dei partecipanti alla tavola rotonda entreranno nel merito della ricchezza d’iniziative che sono portate avanti nelle nostre città che esprimono una forte spinta in detta direzione, che nasce direttamente dalle comunità. Vorrei introdurle con alcuni elementi di riflessione generale.
- Il carattere eterogeneo dei fenomeni di criminalità organizzata. Frequentemente l’approfondimento dei fenomeni criminosi e della loro insidiosa presenza sul territorio è affrontato ricorrendo a semplificazioni estreme e non corrette, quasi si trattasse d’un tutto indistinto che possa essere ricondotto ad un’unica chiave di lettura tanto sbrigativa.
Quest’approccio, oltre che profondamente errato, è addirittura fuorviante quando è utilizzato per valutare le manifestazioni più gravi come quelle che, con espressione di sintesi, sono qualificate come criminalità organizzata, anche al limitato fine di distinguerle da fenomeni di minore rilievo. Va abbandonato per non aggiungere equivoci ad equivoci.
Per realizzare un corretto inquadramento, il governo locale ha un primo compito che potremmo definire di corretta analisi ed incisiva comunicazione, che si avvale della partecipazione del Sindaco al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, del confronto nei Consigli comunali e nelle Circoscrizioni, delle iniziative pubbliche e dei rapporti con l’associazionismo ed il volontariato, ed ha lo scopo di fare chiarezza e costruire una diffusa consapevolezza tra i cittadini sui tratti caratterizzanti che la criminalità organizzata assume in ogni territorio, in ogni contesto sociale, economico, professionale, amministrativo.
L’impegno per la lotta alla criminalità organizzata deve essere accompagnato dallo sforzo di illustrare e fare comprendere con sufficiente chiarezza quali sono le caratteristiche peculiari dei differenti fenomeni, le insidie più pericolose ed i possibili rimedi per contrastare ciascun contesto di criminalità. Per questo i Comuni devono sentirsi impegnati in un’azione incisiva sul territorio che mai deve smettere di tenere vivo un costante impegno informativo e pedagogico rivolta ai cittadini.
Affrontare il tema della lotta alla criminalità organizzata con l’approssimazione grossolana che lo equipara ad uno dei tanti fenomeni dell’universo del crimine, espone le comunità ed i cittadini ai gravi errori di valutazione che nascono dalla disinformazione, soprattutto quando manca qualsiasi elaborazione del punto di vista dei singoli territori e delle singole città. Ognuno di essi, infatti ha tratti peculiari e per questo, come è nel nostro metodo di lavoro del Forum, occorre cercare di valutare per ogni specifica realtà in che modo sia stata più o meno intaccata dai fenomeni criminosi.
Quanto affermato, ovviamente, deve valere per tutte le azioni per favorire la sicurezza urbana così come per tutti gli interventi di lotta alla criminalità organizzata L’illusione che i fenomeni siano sostanzialmente omogenei ed agevolmente individuabili, espone al rischio degli stereotipi fuorvianti dai quali derivano i pregiudizi che ci fanno andare alla ricerca di “altro” rispetto agli elementi di riscontro che risponderebbero ad una valutazione corretta.
- Il ruolo del governo locale nel contrasto al crimine organizzato Oggi gli enti locali attraversano una fase difficile sotto diversi punti di vista. La prima e senz’altro quella legata al calo della risorse, sottoposte a tagli pesantissimi nei trasferi’insicurezza urbana ed il crimine organizzato. Al minore impegno finanziario per le Forze di polizia a livello nazionale ed alle enormi difficoltà in cui versa l’amministrazione della giustizia per le stesse ragioni, s’aggiungono ora le pesanti riduzioni dei trasferimenti di risorse che vanno a toccare tanti settori delle politiche locali. Penso alle polizie municipali, agli interventi per la scuola e 1’istruzione, al welfare locale che le amministrazioni territoriali sono riuscite a costruire in questo Paese nel corso degli ultimi decenni ed all’attenzione che nei singoli settori hanno sempre manifestato nel farsi carico di imponenti fattori criminogeni e di debolezza verso il crimine organizzato, quali l’emarginazione, il degrado urbano, le aggregazioni legate alla devianza ed alla droga.
Come amministratore locale esprimo grande preoccupazione per le conseguenze che questa situazione potrà avere proprio sui fenomeni criminali. Sappiamo che la criminalità organizzata e la mafia si radicano e si rafforzano per la loro capacita d’offrire protezione sociale e che un valido elemento di resistenza è fornito proprio dalla capacità che hanno lo Stato, i Comuni e le Regioni nel garantire forme lecite di sostegno. Temiamo di non essere più in grado di offrire ai nostri cittadini questi servizi con una qualità credibile e ci rendiamo conto che lasciare a sé stessa la scuola pubblica affidandola ad un destino di dequalificazione e d’abbandono non solo indebolisce il Paese e la sua capacita di crescita e di innovazione, ma e anche un pericoloso fattore criminogeno.
Credo che sia compito degli amministratori locali continuare a lanciare questi segnali di grande sofferenza chiedendo al governo di perseguire una politica di risanamento del debito pubblico senza ridimensionare e depotenziare i servizi fondamentali per i cittadini.
Anche i risultati di cui parla il governo nella lotta alla mafia evidenziano, accanto alla pressione sul territorio di cui va dato merito alla Magistratura ed alle Forze dell’ordine, un’imbarazzante enfasi retorica se si guarda alla strategia delle risorse e si mettono a confronto alcune debolezze di organico e di mezzi con quella che dovrebbe essere una vera strategia di contrasto che, al contrario, si manifesta come una politica che non è in grado d’impedire al crimine organizzato ed economico di approfittare di opportunità straordinarie per crescere e radicarsi ancora di più nella mostra società.
L’ipotesi di vendita all’asta dei beni confiscati, fortunatamente rientrata, andava in questa direzione, per esempio. Ma anche lo scudo fiscale, con le enormi opportunità di riciclaggio che offre, l’attacco continuo alla magistratura, il processo breve, la scarsa protezione che viene offerta ai magistrati (si pensi ai fatti recenti di Reggio Calabria) ed ai collaboratori di giustizia, ed anche a coloro, sindaci e amministratori locali, che spesso sono i protagonisti più importanti di questa lotta quotidiana.
Il legame tra crimine organizzato ed insicurezza urbana si mostra, in alcuni specifici ambiti, particolarmente stretto: tanti comportamenti connessi alla c.d. criminalità comune, quotidiana, o a quelle forme di disordine urbano che sono oggi i comportamenti percepiti con maggior allarme dai cittadini sul piano della sicurezza (si pensi alla prostituzione, allo spaccio e al consumo di droghe, alla contraffazione con il conseguente esercizio abusivo del commercio) sono l’espressione, a livello locale, di strategie criminose spesso legate alla criminalità organizzata e mafiosa italiana e straniera.
É necessario sviluppare un’altra considerazione sul legame tra questi fenomeni. Non dobbiamo dimenticare che alcuni dei reati di cui ci occupiamo, per esempio quelli legati alla droga e alla prostituzione, al gioco d’azzardo ed al contrabbando sono, ad un tempo, attività che s’avvantaggiano di un formidabile volano rappresentato da un vero e proprio “acquisto di servizi” da parte della c.d. “componente onesta” della popolazione. Chi compra merci contraffatte o di contrabbando, prestazioni sessuali o droghe, merce rubata è spesso un cittadino consapevole dell’origine di quanto riceve. Quello che rende estremamente vantaggioso intraprendere attività criminali in questi settori è proprio l’ambiguità del senso comune “giustificatorio” nei confronti di quei beni e quei servizi. Quando si tratta di beni materiali, inoltre, entra spesso in gioco la difficoltà e l’inefficienza del mercato legale. Una strategia di prevenzione non può chiudere ipocritamente gli occhi su queste anomalie e deve interrogarsi, come cerchiamo di fare oggi, sulla connessione tra mercati legali e illegali, sui consumi e gli stili di vita e su come questi processi si sovrappongano e si autoalimentino.
La nostra iniziativa biennale del Forum “100 città per la sicurezza” ci offre uno spaccato molto ricco della varietà con la quale simili fenomeni e dinamiche si presentano a livello locale ed ha stimolato una grande molteplicità di approcci e di mezzi, dalle mostre agli spettacoli, dagli incontri ai convegni, ed ha inteso portare il tema della sicurezza urbana nelle piazze e nei teatri di tutta Italia e fare il punto sugli obiettivi del Forum, attivo dal 1996 in oltre novanta Città, Province e Regioni. In particolare si è reso evidente come l’approccio che approfondisce il quadro locale sia imprescindibile e si sono messe in risalto, nel contempo, la ricchezza di proposte e la creatività con cui gli enti locali interpretano le politiche per la sicurezza, alla luce dei principi fondamentali del Fisu, ispirati a libertà, uguaglianza dei diritti e democrazia.
Scopo dell’iniziativa è quello di offrire la possibilità, per ogni amministrazione aderente, di organizzare nel corso delle stesse giornate un evento di cui sceglie contenuti e modalità: conferenze, incontri, mostre fotografiche, spettacoli, materiale informativo, biciclettate ecc. per osservare insieme la città, i problemi da affrontare e gli interventi realizzati e per presentare i progetti. Il tutto sotto l’insegna di un’unica grande iniziativa nazionale.
É significativo che in più città sia emerso come filo conduttore delle iniziative proprio il tema della criminalità organizzata nel suo manifestarsi anche a livello locale nel quadro della sicurezza urbana.
Proprio le sollecitazioni che ci vengono dalle città mettono in luce che bisogna allargare le conoscenze per sconfiggere lo stereotipo secondo il quale le mafie o, a seconda dei luoghi, le “infiltrazioni mafiose”, si manifesterebbero solamente con violenze ed intimidazioni. Se facciamo affidamento su simili riscontri stereotipati non potremo mai dire se c’è infiltrazione in una certa zona, quanto essa sia profonda ecc.
Soprattutto diviene necessario costruire modalità efficaci per darne consapevolezza ai cittadini nella dimensione del loro territorio.
La correttezza dei criteri da adottare nelle singole situazioni per valutare se certi fenomeni sono legati alla criminalità organizzata é un requisito essenziale la cui verifica compete agli Enti locali non solo perché essi sono in grado, meglio di ogni altro livello istituzionale, di coglierne le avvisaglie, ma perché devono trovare le modalità per bloccare le insidiose conseguenze negative che le presenza di attività della criminalità organizzata determinano sulla vivibilità, sulla coesione sociale e sui rapporti civili.
Sentiamo troppo lontani da questo modo di operare i pacchetti sicurezza che non si occupano dell’invadenza sui territori del crimine organizzato, limitandosi a contrastare l’aspetto visibile di alcuni fenomeni (cacciamo questi, teniamo lontani quelli, organizziamo pattuglie per il controllo, difendiamoci da questi altri, mandiamo a casa certuni, non vogliamo quelle là, ma solo sulle strade, ecc.) nell’ottica riduttiva della sicurezza pubblica, non della sicurezza urbana integrata.
Purtroppo non vediamo prevalere una strategia differenziata che metta a fuoco in modo convincente il ruolo degli Enti locali nella lotta, ad un tempo al crimine organizzato ed all’insicurezza urbana, in cui i Comuni possano finalmente assumere una funzione propria e legata alle loro specifiche competenze (territorio, cultura, servizi alla persona, qualità urbana, coesione sociale, aggregazione ecc.) mentre si abbonda in strumenti di nulla o dubbia efficacia e che, pur rispondendo a dichiarate esigenze di contrasto, non favoriscono un approccio rigoroso ed integrato che metta in campo tutti gli strumenti per contrastare tali fenomeni.
Basti considerare, al riguardo, che non riesce ancora a decollare il disegno di legge sul coordinamento fra Comune e polizia urbana da un lato e Prefettura e Forze di polizia dall’altro (n. 344 del Senato della Repubblica d’iniziativa dei senatori Barbolini e Saia del 6 maggio 2008 e successivo testo unificato “Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 118, terzo comma,della Costituzione, in materia di ordine pubblico, sicurezza e funzioni di polizia locale”), nonostante l’impegno stringente di singoli parlamentari di entrambi gli schieramenti e del FISU con le nostre numerose iniziative e plurime presenza ad incontri anche presso entrambi i rami del Parlamento.
- Insicurezza e criminalità organizzata nelle loro differenze e sovrapposizioni I fenomeni legati alla criminalità mafiosa ed organizzata si presentano oggi con differenti modalità sulle quali i territori e gli Enti locali sono chiamati ad intervenire nel quadro delle loro specifiche funzioni istituzionali. Essa infatti assume di volta in volta il carattere
- di criminalità tradizionale (pensiamo alle estorsioni sotto forma di “pizzo”, al traffico di droga, al mercato della mano d’opera irregolare, al mercato dei migranti clandestini, al traffico di prostitute, agli omicidi per il controllo del territorio, alle minacce per ottenere appalti, alle costrizioni nei confronti degli amministratori pubblici ecc.);
- di criminalità in funzione di riciclaggio (che a sua volta nel nostro ordinamento integra un delitto) le cui attività consistono nel ripulire nell’economia legale il denaro proveniente da attività criminose per incanalarlo in circuiti di investimento; si tratta di flussi finanziari dotati di un’enorme forza inquinante, che si diffondono attraverso la partecipazione a gare pubbliche, l’attivazione di poco trasparenti attività di prestito, gli interventi in settori critici dell’economia attivando affari illegali come il traffico dei rifiuti, l’acquisto di attività imprenditoriali finalizzato al loro utilizzo per scopi mafiosi, l’ingresso allo stesso scopo in compagini societarie, in sintesi operazioni che consentono di pagare in contanti e di ricevere un bene o di effettuare un investimento “pulito” oppure di effettuare operazioni ci “copertura” legale di affari illeciti;
- di criminalità organizzata imprenditrice che, ripulito il denaro ma non dimentica della sua provenienza, svolge attività apparentemente lecite, che spesso s’incrociano ed agiscono in stretta sintonia con quelle indicate ai punti precedenti, ma non si concretizzano necessariamente in azioni criminose o di rilievo penale pur rappresentando, paradossalmente, un vero e proprio presidio criminale nell’economia, pronto a risolverne le criticità (ricorso al credito, smaltimento dei rifiuti, recupero crediti ecc.) attraverso modalità illegali con una tempestività che sarebbe impossibile seguendo le procedure corrette e quindi con ulteriori profitti che alimentano a dismisura il circuito dell’economia malata.Non è detto che la criminalità organizzata sia presente dappertutto con tutte le tipologie di attività. E su questo terreno si misura la capacità di compiere analisi corrette e puntuali su ogni territorio.I Comuni sono chiamati non solo ad avviare il confronto ed il dibattito sui temi della criminalità organizzata, ma anche a farsi carico dei timori e delle ricadute che l’allarme sociale ad essa collegato determina sulle comunità. Un’iniziativa del FISU rivolta agli Enti locali è il filmato “La paura siCura”, prodotto dal centro internazionale Inteatro di Polverigi (AN) e dal Forum Italiano per la Sicurezza Urbana. Un giro d’Italia in 6 tappe, da Nord a Sud, condotto dal regista Gabriele Vacis, che è diventato un film, che viene proiettato in tutta Italia in occasione dello svolgimento della richiamata terza manifestazione nazionale “100 città per la sicurezza”. Il progetto ha costruito idealmente e materialmente un viaggio in Italia attraverso sei laboratori teatrali in altrettante città del Paese: Catania, Genova, Montegranaro, Ravenna, Schio, Settimo Torinese ed ha permesso di verificare le paure nei diversi contesti, per le diverse età dei soggetti coinvolti, in riferimento alle diverse criticità che sono state affrontate: da quelle più intime, esistenziali e adolescenziali di tanti ragazzi, a quelle derivanti dai mutamenti che le nostre città grandi, medie e piccole, hanno affrontato in questi anni, a quelle, drammatiche, del degrado e della criminalità diffusa e organizzata. L’obiettivo di richiamare gli Enti locali a muoversi in maniera coordinata viene perseguito indicando due distinti percorsi: valorizzare la sicurezza urbana quale frutto di una maggiore integrazione sociale, di una più radicata e diffusa coscienza civile e di un più alto senso di comunità e, nello stesso tempo, far conoscere e mettere a disposizione del mondo della scuola, degli educatori e degli operatori sociali che ogni giorno dialogano e interagiscono con i nostri adolescenti uno strumento in grado, a nostro avviso, di far riflettere, trasmettere emozioni e raccontare la condizione dei giovani oggi.Il legame tra insicurezza urbana e criminalità organizzata si alimenta per effetto di tutte le situazioni che permettono ai due fenomeni di sovrapporsi.5. Il contrasto alla criminalità organizzata che determina insicurezza urbana. Il contrasto alla criminalità organizzata deve potersi realizzare, anche a livello locale, in due direzioni distinte:
- L’approccio integrato al tema rivela come, nell’insieme dei problemi sui quali si alimenta l’insicurezza urbana, emergono alcuni profili legati prevalentemente ai nodi per troppo tempo irrisolti, come il degrado di edifici, le imprese marginali che ricorrono fortemente alla manodopera clandestina ed all’evasione fiscale, la presenza di gruppi d’immigrati con permesso ma in posizione border line, i commerci di prodotti di scarsa qualità ed a basso costo, i locali pubblici che tollerano giochi clandestini e presenze legate alla droga ed alla prostituzione e che rappresentano spazi importanti per la criminalità organizzata imprenditrice che piazza nel mercato merce contraffatta o di provenienza illecita, trova occupazione per i propri uomini, crea punti di riferimento per ricatti e truffe nei confronti dei soggetti deboli ecc.
- L’iniziativa mette in risalto l’incidenza che assume il profilo degli stili di vita e delle relazioni nella dimensione locale del rapporto tra sicurezza urbana e criminalità organizzata, lo stesso tema che è al centro del nostro convegno odierno, in quanto è testimonianza in presa diretta su tematiche urgenti quali la presenza del crimine organizzato, l’integrazione e la convivenza con le comunità di immigrati, il conflitto intergenerazionale, l’incertezza e la difficoltà del mondo giovanile di costruire il proprio futuro e la devianza al suo interno.
- Nelle realtà del Nord e del Centro dell’Italia sono evidentemente presenti attività di riciclaggio, ma soprattutto è temibile la criminalità organizzata che investe e che poi utilizza l’investimento per trarne lucro e anche per trovare nuove strade per ripulire altro denaro. Questo rappresenta per molte città, compresa la mia, un terreno sul quale è assai complesso creare consapevolezza e non allarmismo e, ad un tempo, costruire una vera capacità di risposta e non il comodo quietarsi in un’imperdonabile leggerezza.
- Le amministrazioni locali s’imbattono in tutto questo nella loro attività istituzionale e si trovano innanzi ad una criminalità organizzata che si presenta come una sorta d’impresa che organizza tre rami d’azienda del crimine, molto funzionali l’uno all’altro ma che mantengono tutta la loro autonomia, se non altro per limitare i danni in caso di indagini e se qualcuno rimane “compromesso” in affari più o meno puliti.
- innanzitutto c’è il contrasto effettuato dalla Magistratura ed in particolare dalla Direziona antimafia e dalle Procure antimafia, che ha il compito di scoprire e perseguire i reati già commessi (tra i quali rientra la stessa associazione di stampo mafioso che costituisce in sé reato);
- poi c’è l’attività di attiva prevenzione tesa a mettere in campo le iniziative e le azioni che si è in grado di costruire per impedire che la criminalità organizzata possa prosperare, possa riciclare e soprattutto possa investire e vivere nell’economia reale e su questo terreno i Comuni e le province possono fare veramente tanto.Sono sostanzialmente quattro gli ambiti di intervento possibile per le Autonomie locali che vedono una sinergia nel contrasto all’insicurezza ed alla criminalità organizzata:2) il supporto all’attività investigativa e di contrasto di altre amministrazioni pubbliche che può essere esercitato dalle regioni e dagli Enti locali attraverso la ricerca e la documentazione da mettere a disposizione di altri soggetti ed il coordinamento (art. 118 Cost) nel controllo amministrativo del territorio esercitato dalla polizia locale in funzione di indagini della magistratura o di altre Forze di polizia4) gli interventi di ritorno alla legalità in chiave sociale quali il recupero e la gestione a fini sociali ed istituzionali di beni confiscati ed il sostegno alle vittime delle azioni della criminalità organizzata che possiedono un valore simbolico di rafforzamento del capitale sociale “sano” anche nell’accorta selezione delle finalità sociali alle quali destinare i beni confiscati in funzione della loro efficacia e della risposta a funzioni che sono carenti sul territorio. Tutto questo comporta lo sviluppo del coordinamento e della condivisione delle informazioni tra Comuni, Regioni e Stato.Un simile impegnativo quadro d’intervento rende necessario costruire dalle fondamenta i sensori, i filtri, e di riscontri, ma anche degli antidoti e le operazioni di trasparenza per mettere in campo tutti gli elementi che consentano di capire per mezzo di chi, come e dove si muovono i denari della criminalità organizzata.Su ogni singolo settore che può veicolare denaro della criminalità organizzata occorre costruire delle “leve” che consentano di intervenire per salvaguardare l’economia sana e creare i presupposti per allontanare gli intrusi ed eventualmente creare le premesse perché si scopra la provenienza criminale del denaro
- I settori cruciali sui quali occorre intervenire con tale attività di approfondimento per verificare se il denaro che “gira” sia di provenienza criminale sono i seguenti:
- Ovviamente il primo strumento da riscontrare è il denaro contante, che spesso si va a confondere con quello proveniente dall’evasione fiscale che in certa misura lo “copre” e nel quale il denaro mafioso può anche mimetizzarsi.
- Come avviene per la sicurezza urbana, anche nel contrasto alla criminalità organizzata è sempre necessario sollecitare il governo nazionale a rendere certa ed efficace la cooperazione istituzionale incentrata sul rispetto delle competenze e costantemente sorretta dalla condivisione.
- 3) le attività di prevenzione non rivolte direttamente al fenomeno criminale, ma alle realtà ed aggregazioni di riferimento e al tessuto sociale nel quale esse maturano e s’innestano che rappresentano un ambito d’azione privilegiata dei comuni, trattandosi di relazioni spesso ben conosciute nelle loro criticità e di cui crimine organizzato ha bisogno per radicarsi ed espandersi in un territorio. Rientrano in questo ambito gli interventi volti a rendere inefficaci le possibili reti di relazione e le possibili strategie di costruzione del con senso da parte dei gruppi criminali organizzati, come la presa sul territorio realizzata dall’attività di comunicazione e formazione, educazione alla legalità, il rafforzamento di elementi simbolici di resistenza come la frequentazione per svolgimento d’iniziative ed interventi di natura culturale e gli interventi d’animazione.
- 1) il controllo amministrativo e gli strumenti di regolazione dei mercati legali, come la regolamentazione incentrata sull’organizzazione del servizio, degli spazi, sugli accordi condivisi tra categorie di soggetti che hanno rapporto col pubblico o fra utenti per impedire il radicamento di dinamiche aperte alla criminalità o a gruppi organizzati, l’intensificazione dei controlli amministrativi prima che maturino le condizioni per le violazioni, ecc.;
- Si aprono due grandi fronti: da un lato il contrasto della magistratura antimafia e delle forze dell’ordine e, dall’altro la prevenzione sociale con al centro le politiche dei Comuni e quella economica che valorizza la responsabilità sociale dell’impresa per impedire alla criminalità organizzata di trovare spazi dell’economia legale.
- controllo dei subappalti e dei contratti d’opera in settori specifici notoriamente oggetto d’infiltrazione e su questo terreno sono particolarmente proficui i protocolli d’intesa tra Comuni, province, camere di commercio e prefetture che in molte realtà sono già operativi
- messa a fuoco dei flussi di finanziamento e delle connessioni col sistema bancario e su questo terreno è importante intensificare i rapporti fra governo locale, associazioni di categoria e sindacati che in molte realtà sono già solidi e costruttivi;
- monitoraggio dei mercati delle merci e delle materie prime (in particolare cemento, ferro, ghiaia, detriti, ecc), individuando anomalie legate a traffici illeciti che, normalmente, assumono anche valenza di illecito fiscale e possono portare all’interessamento della Guardia di finanza;
- verifica costante del trasferimento di quote societarie nonché delle partecipazioni nelle società non quotate e cambiamenti delle compagini di controllo, fenomeni d’insolvenza, fallimenti, concordati verificabili presso le camere di commercio e da tenere sotto controllo per evitare commistioni con la criminalità organizzata e conseguenze imprevedibili sul mercato del lavoro come la chiusura d’insediamenti produttivi
- generalizzazione degli osservatori degli appalti pubblici in funzione dell’individuazione di quanto rende possibile la presenza di connivenze, coperture favori ecc. che possono portare ad un forte e sistematico coinvolgimento della polizia locale in sede di controllo degli abusi edilizi e del rispetto delle norme antinfortunistiche. Gli enti locali sono chiamati a favorire cooperative sociali e soggetti del volontariato che riescano a sviluppare servizi alla persona ed attività d’impresa, prevalentemente – ma non solo – nel settore agricolo e della protezione sociale dei soggetti deboli e disabili, con particolare riguardo all’agricoltura biologica ed alla valorizzazione dei prodotti tipici, offendo non solo alternative di lavoro, ma dando corpo all’idea stessa che è possibile un’economia sana costruita su valori di coesione sociale e di rispetto della legalità. Qui il ruolo dei Comuni che intendono impegnarsi diventa fondamentale anche allo scopo di valorizzare un’idea di diffusa sobrietà, di possibilità imprenditoriali vere, di vita sana in termini di salute e stili di vita, lontani dai compromessi, dal ricatto, dalla violenza e dal malaffare propri della criminalità organizzata. Va sottolineato che la nuova vocazione sociale ed ambientale dei beni è assai significativa sotto il profilo della cultura della legalità e dello spirito di solidarietà che anima i volontari. Provengono da tutto il mondo e non solo dall’Italia a migliaia ogni anno, cimentandosi nell’esperienza dei campi di lavoro sui terreni che appartenevano alle mafie e gestendoli a testimonianza della volontà, sempre più diffusa tra i giovani, di voler essere protagonisti, col loro impegno e la loro attività, di azioni concrete di solidarietà verso i territori martoriati dalla criminalità organizzata, che impedisce un progresso economico in nome dello sviluppo, della legalità e della libertà economica e disprezza l’idea stessa di responsabilità sociale dell’impresa. Il recupero dei beni confiscati e la loro produttività rappresentano un’inversione di tendenza che dà il segno di una profonda volontà di riscatto nella quale le persone che vivono nelle terre infestate dalla mafia capiscano finalmente che non sono più sole. La situazione che la mafia teme di più è la perdita definitiva dei beni accumulati con le attività criminali. Immobili, terreni, attività produttive rappresentano una realtà formidabile ed un’occasione straordinaria di sviluppo ed i comuni debbono proteggere e valorizzare al massimo questa risorsa. La confisca e la vendita di questi beni colpisce al cuore il sistema mafioso e per questo ci sono continui tentativi di impedire o aggirare le norme messe in atto negli anni. Essi, tuttavia, sottolineano che «da sempre l’obiettivo prioritario dei mafiosi è stato impedire il sequestro e la confisca dei beni, arrivando al punto di danneggiarli pesantemente o distruggerli prima che lo Stato ne potesse entrare in possesso; in molte inchieste giudiziarie è già emerso il ripetuto tentativo messo in atto da parte di esponenti mafiosi di rientrare in possesso dei beni, anche attraverso prestanome ed addirittura attraverso false associazioni di volontariato». Insomma, poiché «ogni eventuale tentativo di mettere in vendita un bene confiscato sul territorio è esposto alla quasi assoluta certezza di un tentativo dei boss mafiosi di rientrarne in possesso attraverso vari possibili sotterfugi», di qui nasce l’esigenza di nuove norme che evitino questo rischio. Va rilevato al riguardo che la maggior parte delle azioni di confisca dei beni alla criminalità organizzata si concentra nelle regioni meridionali in quanto oltre l’80% proviene dalle quattro regioni tradizionalmente interessate dai fenomeni di tipo mafioso, ovvero Sicilia (46%), Campania (15%), Calabria (14%) e Puglia (8%).Un grave ostacolo per un impiego sempre più diffuso dei beni confiscati alle mafie in termini di pubblica utilità è rappresentato dallo stato di degrado e abbandono in cui versano gli immobili e dalle difficoltà economico-finanziarie che le realtà affidatarie incontrano nell’avviare le loro attività per cui è importante l’impegno di soggetti come la Fondazione per il Sud volto ad incentivare la potenzialità di questi beni nella loro rinnovata funzione sociale. Una situazione che introduce il paradosso di una sorta di credibilità della mafia nella sua attività di gestione. Vi ringrazio.
- Il Forum Italiano per la Sicurezza urbana, assieme alle associazioni oramai “sorelle” come Libera e Avviso Pubblico partecipa fino in fondo a questa battaglia, convinto che gli stretti legami tra sicurezza e legalità abbiano davanti a sé l’orizzonte comune di debellare, prima di tutto, la criminalità organizzata ben sapendo che l’aver impedito che i mafiosi tornassero in possesso dei loro beni è solo la prima tappa di una lunga azione di trasformazione sociale e civile.
- Nel corso degli ultimi anni la destinazione dei beni confiscati ad usi sociali e di pubblica utilità ha prodotto effetti rilevanti sui territori del Mezzogiorno: dalla creazione di lavoro ed occupazione, alla riaffermazione del valore etico e civico dalla riappropriazione, da parte della comunità, di quanto le fu sottratto con risorse criminali. In particolare, buona parte delle attività di riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie è destinata al contrasto del disagio sociale e dell’emarginazione ed al sostegno di minori, famiglie svantaggiate, anziani e tossicodipendenti. I beni confiscati possono anche contribuire ad integrare nel territorio la popolazione immigrata, che spesso, in aree a forte penetrazione mafiosa corre il rischio di restare vittima del caporalato locale.
- La richiesta al governo è quindi puntuale: se «non ritenga necessario attuare nuovi provvedimenti nuovi provvedimenti legislativi con la finalità di migliorare ogni aspetto della procedura di sequestro, confisca ed assegnazione dei beni appartenenti ad esponenti della criminalità organizzata al fine di accelerare il riutilizzo degli stessi secondo le finalità previste dalle leggi in vigore» e se «non intenda evitare di mettere in vendita i beni immobili confiscati alle mafie»
- Una recente interrogazione parlamentare chiede al governo se non ritenga necessario attuare nuovi provvedimenti legislativi per migliorare le procedure di vendita dei beni confiscati ed i firmatari dell’atto riconoscono che dopo serie difficoltà nella gestione e nella destinazione dei beni confiscati, negli ultimi anni si è avviato un percorso virtuoso che ha portato a migliorare sensibilmente i tempi di consegna dei beni ed il loro riutilizzo sia da parte dello Stato che da parte degli enti locali e delle associazioni» così che in molti territori i beni confiscati e riutilizzati sono diventati il simbolo più forte della sconfitta delle mafie e dei boss locali.
- Per questi motivi è necessario che l’assegnazione dei beni confiscati possa avere quali destinatari solamente i Comuni, le associazioni di volontariato o le cooperative sociali e d i soggetti che abbiano la capacità di destinarle a finalità di servizi alla persona oltre che rinascita e di recupero ed occorre impedire che la vendita da parte dello Stato possa avvenire a favore di prestanome o false associazioni di volontariato.
- Questi campi diventano il luogo in cui l’esperienza della condivisione fa intraprendere o proseguire una spiccata capacità di trasmettere la cultura della legalità, della consapevolezza e dell’impegno nella lotta alle mafie.
- Si tratta, attraverso il volontariato ed i nuovi posti di lavoro divenuti realtà, di valorizzare e ricondurre all’economia sana i terreni confiscati lanciando un segnale forte alla società intera che mostri vie praticabili per l’impegno antimafia e caratterizzi sia lo sforzo dei volontari dandogli grande visibilità, sia l’impegno corale, fattivo e generoso delle istituzioni, non soltanto a livello locale ma anche nazionale ed internazionale.
- 6. Le terre confiscate e sottratte alla mafia Un settore privilegiato di coinvolgimento degli Enti locali é la valorizzazione dei terreni confiscati alla mafia che rappresenta sicuramente, oltre che una scelta politica coraggiosa, un grande e positivo fenomeno di costume con valenza ad un tempo economica, culturale e simbolica.
- Va rilevato che tutto questo presuppone la necessità di seguire la stessa strada che ha reso più trasparente il mercato dei titoli e la volontà di restare nelle legalità da parte dei soggetti economici: basti pensare alle regole per gli appalti pubblici, alla responsabilità delle persone giuridiche, ai reati concernenti il mercato azionario come l’aggiotaggio, la corruzione tra privati, l’evasione fiscale qualificata e l’insider trading.